Quando hai iniziato a lavorare con il COSV e come ci sei arrivata?
Ho iniziato a febbraio del 2013, dopo avere risposto ad un annuncio che COSV aveva pubblicato a Giuba.
Che significato ha per te lavorare con una ONG? E come ti posiziona il fatto di lavorare per una ONG nella tua società?
Lavorare per il COSV mi offre la possibilità di dare un sostegno alla gente del mio paese, in modo forse più concreto e diretto di quanto accadrebbe se lavorassi in una ditta privata o per lo Stato. La mia famiglia è felice del lavoro che faccio, mentre io – lavorando in una località distante da casa – un po’ mi sottraggo alle pressioni (richieste di denaro) che spesso si manifestano da parte della famiglia estesa verso un parente che ha un reddito costante.
Qual è l’impatto di quello che stai facendo?
La comunità che servo dimostra di apprezzare il mio lavoro, perché riceve importanti informazioni sulla gravidanza e sul sostegno alle madri, perché il mio lavoro talvolta contribuisce a salvare delle vite umane, ed anche perché io sono una loro compatriota.
Raccontaci un’esperienza significativa.
Non posso dimenticare la volta che una primpara è deceduta davanti ai miei occhi per complicazioni del parto alle quali non si è potuto far fronte.
Hai vissuto cambiamenti/delusioni?
Dato che lavoro presso una comunità che parla una lingua diversa dalla mia, spesso c’è la frustrazione di non potere comunicare direttamente con alcuni pazienti che non parlano almeno l’arabo.
Cosa ti aspetti dal tuo futuro?
Dal futuro mi auguro di riuscire ad aiutare gli altri ancora di più, grazie agli studi più approfonditi che intendo perseguire per conseguire un livello professionale più specializzato.
Come vedi il tuo paese tra 20 anni?
Penso che sarà più sviluppato, con più scuole, servizi sanitari più adeguati, e l’eliminazione dei contrasti etnico/tribali che tante divisioni provocano.