251 decessi dichiarati, più di 2000 sfollati, mezzi di sussistenza annientati, strade, scuole, ponti e decine di altre infrastrutture danneggiate o definitivamente compromesse. Un bilancio disastroso quello dei danni causati dall’inondazione che ha recentemente colpito le regioni meridionali dello Zimbabwe.
Il Governo locale ha repentinamente dichiarato lo stato di emergenza per disastro naturale, disponendo un Comitato di Preparazione all’Emergenza e Gestione del Disastro. Allo sforzo nazionale, si è unito un consistente numero di partner umanitari, tra cui le Nazioni Unite.
“Sfortunatamente – ha dichiarato Bishow Parajuli, Coordinatore Residente delle Nazioni Unite – le zone colpite dall’inondazione sono le stesse in cui, negli ultimi due anni, la siccità ha impattato duramente”. I distretti attualmente (gli assessment non sono ancora terminati) più danneggiati, infatti, sono: Chiredzi, Kanyemba, Lupane, Mwenezi, Mberengwa, Insiza, and Tsholotsho.
Le visite sul campo delle Ong sono iniziate dal 3 Marzo e, tre giorni dopo, ad Harare, si è tenuto un incontro multi-stakeholder, a cui hanno partecipato i Ministri del Governo, i Capi delle Agenzie delle Nazioni Unite, i partner per lo sviluppo, l’African Development Bank e i rappresentanti di Ong nazionali e internazionali: tra questi, Alessia Moretti, program coordinator COSV in Zimbabwe.
Mirando non solo a tamponare l’emergenza, ma alla ricostruzione e al recupero integrale delle zone colpite, gli stakeholders hanno concordato una risposta multi-settore, che tiene conto delle problematiche di genere e che prevede particolare attenzione alle infrastrutture, all’educazione e alla sicurezza alimentare.
Lo sforzo che nasce oggi per rispondere ad una crisi – come sottolineato da Parajuli – è solo il principio di un processo di recupero e di costruzione di resilienza, fondato su programmi di sviluppo pensati in un’ottica di lungo periodo.
Fonte: United Nations Zimbabwe