Entrando nella sala di accoglienza del centro per le donne vittime di violenza domestica gestito dall’organizzazione Nhamai, nella provincia di Maputo (Mozambico), la prima cosa che si nota è un poster appeso al muro. Nel disegno c’è una donna che cerca di reggere con fatica un cesto per non rimanerne schiacciata, un cesto che contiene dei balloon di scritte: violenza fisica, violenza psicologica, violenza sessuale, violenza sociale, violenza economica, violenza morale. E rivolge agli ospiti una domanda semplice e diretta: “Sapevi che la violenza domestica contro le donne può avere diverse forme?”
“La violenza domestica è un circolo vizioso”, spiega Telma, coordinatrice per il COSV sul progetto. “Parte da forme verbali per diventare fisica ma anche economica. Non sono pochi i casi di donne a cui il marito non permette di lavorare e non passa i soldi, arrivando addirittura a privarle del cibo. E importante che si conoscano le diverse forme che la violenza può prendere, per averne consapevolezza e comprendere che essere moglie non significa essere di proprietà di un uomo”.
Informazione e sensibilizzazione sono fondamentali per far fronte alla larga diffusione dei casi di violenza domestica, che nell’area di intervento del centro Nhamai si stima coinvolgano dal 30% al 45% delle donne. Una diffusione che si collega strettamente al profondo radicamento culturale della violenza: “qui la violenza domestica è parte della normalità delle relazioni coniugali”, continua Telma, “un detto dice – se tuo marito ti picchia, è perché ti ama. Le donne fanno mostra dei segni della violenza subita alle figlie, preparandole a ciò le aspetterà nel matrimonio, e i lividi delle percosse diventano argomento di conversazione. Una situazione che gli attivisti e i mobilizzatori cercano di sradicare, con continue attività di informazione e sensibilizzazione.”
Sono 24 gli attivisti del centro Nhamai formati attraverso il progetto sulla nuova legge mozambicana contro la violenza domestica, sulle sue implicazioni giuridiche e sulle modalità di gestione del conflitto e il supporto psicologico alle vittime. Gli attivisti sono sia uomini che donne, molti dipendenti dei servizi sociali e leader comunitari, e a loro volta hanno formato 80 mobilizzatori sociali che lavorano a stretto contatto con le comunità nei distretti di Matola, Maguede, Namahacha, Matutuine Moamba, Marracuene, Boane, Maputo. Un lavoro portato avanti in stretta connessione con la polizia e i servizi sociali.
“In una delle comunità in cui lavoriamo, siamo venuti a conoscenza di una situazione piuttosto grave in cui la moglie subiva continuamente episodi di violenza fisica da parte del marito” ci ha raccontato uno degli attivisti. “Quando siamo andati a parlare con la famiglia, la donna ci ha detto che si trattava di un affare privato, e che essendo tale doveva rimanere tra le mura domestiche. Ma la violenza domestica non è una questione privata, è un problema profondo della nostra società che parte dal piccolo per allargarsi a tanti ambiti. Le donne reprimono a lungo in silenzio la rabbia per le violenze subite, finché non reagiscono con atti estremi: per questo le carceri in Mozambico sono piene di vittime di abusi che hanno trovato nella vendetta fisica la via di fuga. E’ un problema sociale, ed è per questo che noi lavoriamo informando e sensibilizzando, per arrivare ad un cambiamento culturale”.
Il centro di Nhamai è l’unico nell’area, e ora che sono finiti i lavori di ristrutturazione è tutto pronto per ricevere adeguatamente le ospiti. Qualcuna è già arrivata, trovando nel centro e nel suo staff un supporto materiale, psicologico e giuridico per affrontare un percorso di uscita da una quotidianità fatta di abusi.
Il centro sta anche riscontrando i primi risultati dell’attivazione di piccole attività generatrici di reddito e la relativa formazione alle associate dell’organizzazione Nhamai – attività iniziate con il progetto, sia per rendere sostenibile il centro, sia per permettere il passaggio di competenze alle ospiti. L’allevamento di pollame ha già permesso una prima vendita nel mese di dicembre, con buona soddisfazione per il profitto ottenuto – al netto dei costi sostenuti – e la sartoria sta sperimentando un ottimo periodo: con l’inizio del nuovo anno scolastico (a metà gennaio) sono arrivati ordini per le uniformi degli alunni. Il regolamento scolastico prevede che entro la fine di marzo tutti gli studenti abbiano una divisa adeguata, e a gennaio le famiglie iniziano ad attivarsi per commissionare il lavoro alle sarte. Il centro di Nhamai ha raccolto diversi ordini, anche grazie ad un prezzo scontato, e ci si attende che gli ordini aumentino. Queste attività sono infatti state scelte dopo un’accurata indagine di mercato, che ha messo in evidenza la carenza di questi servizi nell’area.. al momento è anche tutto pronto per il nuovo salone per capelli, che aprirà a breve!