Un anno difficile per il West Darfur, quello del 2012, con un’epidemia di febbre gialla e la mancanza di fondi per le campagne di vaccinazione. E per le donne della regione, già provate dalle condizioni di vita che le caricano di tutte le responsabilità familiari e del lavoro nei campi, la situazione sanitaria si è aggravata ulteriormente. Vivendo una quotidianità fatta di sforzi e insicurezza, spesso devono far fronte a problemi di salute e, in caso di maternità, fanno fatica a portare a termine la gravidanza. Inoltre, la scarsa consapevolezza dell’importanza delle cure pre e post parto e dei metodi di pianificazione familiare mette ulteriormente a rischio la salute materno infantile: è per questo che la cura di donne e bambini è al centro del progetto THINK.
Per le donne della provincia di Kulbus, dove si svolge il progetto, il parto è un momento particolarmente critico: per motivi tradizionali e culturali, le donne sono restie a recarsi nei centri di salute sparsi nel territorio e nel 98% dei casi partoriscono in casa, assistite da figure tradizionali senza una specifica formazione. All’ospedale, l’unico della provincia e dotato di strutture carenti e poco personale, vengono indirizzati solo i casi più gravi, spesso quando è ormai troppo tardi per un intervento.
Nonostante la drammatica situazione, con THINK l’impegno per la salute materno infantile sta dando risultati positivi. Grazie ad iniziative di sensibilizzazione e percorsi di formazione per gli operatori, molte più donne possono e decidono di partorire in casa, ma con l’assistenza di personale qualificato: in due anni i parti assistiti sono cresciuti del 15%, coprendo il 65% dei casi nel 2012. Le donne, più consapevoli dell’importanza delle cure pre e post natali, hanno iniziato a rivolgersi ai centri per questi servizi. Lo scorso anno, inoltre, 526 donne hanno seguito programmi di pianificazione familiare, un numero ancora basso, ma che sta cominciando a smuovere le resistenze tradizionali sul tema.
Il nostro impegno nella provincia di Kulbus si rivolge anche ad un altro aspetto molto critico della vita delle donne, quello della violenza di genere. Il tema è molto sensibile e per ora è stato possibile attivare attività di formazione dello staff e dei workshop per i community leaders. E’ stata potenziata anche una rete di riferimento per le vittime di violenza costituita dalle Hakama; queste donne, figure tradizionali della cultura sudanese dotate di autorità all’interno della comunità, vengono adeguatamente formate per proteggere le vittime contro lo stigma sociale e riportare i casi alle autorità competenti.
Nonostante la violenza domestica sia piuttosto diffusa, i casi segnalati rimangono pochi, una decina nel 2012. Le donne accettano spesso passivamente la violenza e non denunciano l’accaduto alla polizia rendendo molto difficile mettere in atto interventi di protezione. Anche in questo caso le attività educative potranno, seppur lentamente, smuovere la consapevolezza all’interno delle comunità e portare ad una tutela maggiore dei diritti delle donne.