L’Italia e la Turchia sono le porte d’Europa.
I flussi migratori, specie in questi due paesi, sono divenuti sempre più intensi negli ultimi anni, ponendo nuove sfide alle politiche governative locali e internazionali.
Così è nato “Mediterranean Bridge 2015”, un progetto di ricerca e di partenariato in materia di giustizia libertà e sicurezza, che si inscrive in “Civil Society Dialogue”, programma co-finanziato dall’Unione Europea e dalla Repubblica di Turchia, volto a richiamare l’attenzione delle organizzazioni della società civile turca e di quella italiana su temi comuni, per lo scambio di conoscenze ed esperienze. Una visione a 360°, che ha abbracciato tutte le dimensioni del benessere comunitario (ambiente, energia, educazione, sanitaria, libertà, sicurezza…) e che ha condotto alla nascita di 350 progetti di cooperazione, con più di 600 partnership locali e internazionali.
Prendendo parte a “Mediterranean Bridge 2015”, abbiamo collaborato con un team di quattro esperti della migration analysis e con alcune organizzazioni (italiane e turche) della società civile. Ci siamo proposti di contribuire al miglioramento delle condizioni dei rifugiati e alla creazione di legami di comprensione reciproca tra le comunità, iniziando dallo studio e dallo scambio di strumenti in materia di accoglienza e protezione dei diritti dei migranti.
Trattati internazionali, convenzioni, direttive europee: la disciplina sulla tutela dei richiedenti asilo e sulla gestione dei flussi migratori è apparsa come un grande mosaico. L’equipe di ricerca del progetto ne ha messo insieme i pezzi, per costruire un ponte tra la Turchia e l’Italia: lo scorso 10 marzo, il progetto si è concluso a Gaziantep (nel sud della Turchia), con la presentazione del report finale e delle raccomandazioni.
Entrambi i documenti sono il frutto del lavoro congiunto di ricercatori italiani e turchi, dello staff COSV e dei partner locali: dopo una prima fase di analisi delle rotte (paesi di partenza/transito/destinazione), dei contesti socio-culturali e delle normative vigenti, l’equipe ha portato avanti uno studio comparativo, utilizzando anche il meccanismo di scambio di study visits, per un confronto completo e diretto dei sistemi di accoglienza dei due paesi.
Durante la conferenza conclusiva, è stato posto l’accento sulla rilevanza del continuo scambio di contatti e informazioni e su quanto la costruzione di un sistema uniforme di procedure possa essere funzionale ad una giusta gestione delle pratiche di asilo e integrazione.
Il report e le raccomandazioni hanno suggerito alcuni criteri volti a snellire i processi burocratici, ad agevolare il reinsediamento delle comunità di migranti (favorire gli insediamenti in zone industrializzate, facilitare il ricongiungimento familiare, promuovere nuovi corridoi umanitari) e ad assistere i rifugiati nelle richieste di protezione (tramite ambasciate internazionali interne ai paesi di provenienza).
Queste linee guida, se seguite, permetteranno non solo di stabilire un nuovo ordine di cooperazione nelle comunità ospitanti, ma anche di lavorare sulle radici profonde delle migrazioni.
Un invito è stato rivolto a tutte le organizzazioni e istituzioni: un cambio di approccio verso le problematiche socio-economiche interne ai paesi di accoglienza (in questo caso, la Turchia e l’Italia) sarebbe significativo per la promozione delle politiche di integrazione. In altre parole, provare a spiegare le attuali crisi economiche e instabilità sociali tramite una ricerca profonda di motivazioni concrete – senza fermarsi alla punta dell’iceberg e, dunque, al consistente afflusso di rifugiati – attenuerebbe le tensioni all’interno delle comunità, risparmiando la diffusione di atteggiamenti di xenofobia e discriminazione.
Scarica il Joint Report e il Booklet of Recommendations